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Le unità di tempo fondamentali su cui si basano i calendari sono ricavate dall’osservazione del Sole e della Luna:
– la settimana corrisponde alla durata di una singola fase lunare tra le quattro principali;
– il mese corrisponde alla durata di un ciclo completo di fasi, cioè a quattro settimane;
– l’anno corrisponde alla durata di un ciclo di stagioni, cioè a un periodo di rivoluzione della Terra intorno al Sole (non esattamente a causa della precessione degli equinozi).
Poiché però un anno solare non corrisponde a un numero intero di mesi lunari (il rapporto è di circa 12.3683), i calendari seguono in genere o l’uno o l’altro dei due cicli.

Calendari solari: sono basati sulla durata dell’anno solare, o anno tropico, di circa 365 giorni. In questi calendari le stagioni iniziano sempre nelle stesse date (queste date tuttavia possono spostarsi molto lentamente nell’arco dei secoli), ma i mesi non seguono esattamente il ciclo delle fasi lunari. Esempi di calendari solari sono il calendario gregoriano e il calendario giuliano.
Calendari lunari: sono basati sulla durata del mese lunare, di circa 29 giorni e mezzo. In questi calendari il mese inizia sempre con la Luna nuova, ma la data d’inizio delle stagioni si sposta in avanti da un anno all’altro (in media di circa 11 giorni).
Calendari lunisolari: sono sincronizzati sia con la durata dell’anno tropico, che con quella del mese lunare. Per poter mantenere questa sincronia, occorre alternare anni di 12 e di 13 mesi (vedi Ciclo metonico). In questi calendari, la data d’inizio delle stagioni si sposta in avanti o indietro da un anno all’altro, ma si mantiene sempre vicina (entro 12-13 giorni) a una data fissa. Un esempio è il calendario ebraico o, in passato, il calendario celtico rivelato dalla lamina bronzea di Coligny. Anche la durata media di una fase lunare non è esattamente di sette giorni (precisamente è di circa 7.3826 giorni): per questo motivo le fasi non iniziano sempre lo stesso giorno della settimana.

LE FASI LUNARI

Vi sono quattro posizioni fondamentali, rappresentati nella figura a lato e nell’elenco sottostante dai numeri dispari, e quattro fasi intermedie:
  • Luna nuova (o congiunzione o fase di novilunio);
  • Luna crescente;
  • Primo quarto;
  • Gibbosa crescente;
  • Luna piena (o opposizione o fase di plenilunio);
  • Gibbosa calante;
  • Ultimo quarto;
  • Luna calante;

Il termine “quarto” si riferisce alla posizione della Luna nell’orbita attorno alla Terra, da tali due posizioni dalla Terra è visibile mezzo emisfero.

INTERCALAZIONE

I calendari basati su eventi astronomici necessitano periodicamente di intercalare nell’anno periodi di tempo extra per mantenere la sincronizzazione con l’evento astronomico di riferimento.
Alcuni tipi di intercalazione calendariale ben noti sono il giorno aggiuntivo introdotto negli anni bisestili, il tredicesimo mese intercalare introdotto periodicamente nei calendari lunisolari (quali quelli ebraico e cinese), e il secondo intercalare aggiunto periodicamente al tempo segnato dagli orologi atomici.

CALENDARIO LUNARE

I calendari lunari sono quei calendari che si basano sul mese sinodico: essi hanno mesi di 29 e 30 giorni alternativamente, il che comporta un anno di 354 giorni. Un esempio di calendario lunare è il calendario islamico dell’egira.
Il mese sinodico è il tempo che impiega la Luna per riallineare nuovamente la sua posizione con il Sole e la Terra dopo aver compiuto una rivoluzione intorno a quest’ultima: si può anche definire come il tempo che intercorre tra un novilunio e quello successivo. Il termine sinodico deriva dal latino synodicum, a sua volta ricavato dal greco synodikós, derivazione di synodos ossia riunione: esso indica quindi l’allineamento (o congiunzione) tra due o più astri come avviene nel nostro caso tra Sole, Luna e Terra. Il mese sinodico può anche essere indicato con i termini di lunazione, rivoluzione sinodica o mese lunare. La durata del mese sinodico è di 29 giorni 12 ore 44 minuti e 2,9 secondi. Dodici mesi sinodici formano un anno lunare pari a 354 giorni, 9 ore e 48 minuti.
Il mese sinodico non va confuso con il mese siderale o sidereo: quest’ultimo è il tempo che impiega la Luna a ruotare di 360° intorno alla Terra. Il termine sidereo o siderale proviene dal latino sidereum e significa stellare: infatti dire che la Luna ruota di 360° intorno alla Terra è equivalente a dire che essa torna a riallinearsi con la Terra e con una stella fissa. In altri termini, mentre il mese sinodico considera il riallineamento della Luna con la Terra e il Sole, il mese sidereo considera il riallineamento della Luna con la Terra e una stella fissa. La sua durata è di 27 giorni 7 ore 43 minuti e 12 secondi. La differenza temporale tra il mese sinodico e quello siderale sta nel fatto che mentre la Luna ruota intorno alla Terra, anche la coppia Terra-Luna gira intorno al Sole. Se la Terra non ruotasse intorno al Sole ma stesse ferma rispetto ad esso, allora il mese sinodico e quello sidereo coinciderebbero. Ma la Terra si muove intorno al Sole di quasi 1° al giorno (360°/365 giorni l’anno fornisce appunto ~1° al giorno) e quindi nei 27 giorni e passa del mese siderale la Terra (e di conseguenza anche la Luna) si sposta di circa 27°. Per riallinearsi nuovamente al novilunio, la Luna deve ruotare di 360° +27° + altri 2° perché mentre essa percorre gli ulteriori 27°, la Terra, anche se di poco, si è ulteriormente spostata. In definitiva, mentre nel mese sidereo la Luna deve ruotare intorno alla Terra di 360°, nel mese sinodico essa deve ruotare di circa 389°: da qui la diversa durata del mese che è di 27 giorni nel primo caso e di 29 giorni nel secondo.

CALENDARIO SOLARE

I calendari solari invece si basano sull’anno solare (o anno tropico), che ha una durata di circa 365 giorni. L’anno tropico (dal greco tropos, rotazione) o anno solare, è la durata intercorrente fra due passaggi successivi del Sole allo Zenit di uno stesso tropico (cioè fra due solstizi od equinozi dello stesso nome). Sull’anno tropico è fondato il nostro calendario. È in sostanza il ciclo delle stagioni, o il tempo impiegato dal Sole per tornare nella stessa posizione, vista dalla Terra, lungo l’eclittica, che ha come punto zero il punto vernale. L’anno tropico non è perfettamente costante: il moto della Terra attorno al Sole è perturbato dalla presenza degli altri pianeti, quindi il passaggio nello stesso punto dell’orbita non avviene sempre nello stesso momento; la precessione degli equinozi sposta lentamente il punto zero; data la diversa velocità della Terra lungo l’orbita, l’anno tropico è diverso a seconda del punto di partenza considerato. Per questi motivi è stato definito un anno tropico medio, pari a 365,2422 giorni SI (365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi). Per dare l’ordine di grandezza delle variazioni, l’anno tropico misurato a partire dal punto vernale è lungo 365,2424 giorni SI (circa 17 secondi in più); quest’ultima valutazione è spesso usata per la redazione dei calendari solari. Tuttavia, l’anno tropico è per definizione quello medio, definito sopra.
L’anno tropico non è da confondere con l’anno siderale. Quest’ultimo è il tempo che impiega il Sole a ritornare nella stessa posizione rispetto alle stelle della sfera celeste. È anche il periodo orbitale della Terra ed è pari a 365,2564 giorni solari medi (365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 9 secondi).
L’anno siderale è di 20 minuti e 24,6 secondi più lungo dell’anno tropico (un anno siderale è pari a 1,000039 anni tropici.) a causa del moto di precessione dell’asse terrestre: dato che un osservatore sulla Terra non può vedere il Sole e le stelle nello stesso momento, c’è bisogno di un piccolo chiarimento. Osservando il cielo ad est, ad ogni alba, si nota che le ultime stelle che appaiono non sono sempre le stesse, ma si riscontra uno spostamento verso l’alto. Quindi nelle albe di luglio, nell’emisfero boreale, non si può vedere la costellazione di Orione, ma in agosto comincia ad essere visibile. Nell’arco di un anno, tutte le costellazioni ruotano attraverso l’intero cielo. Questo moto è ben visibile ed è più facilmente misurabile dello spostamento nord-sud del punto da cui sorge il sole all’orizzonte, che definisce l’anno tropico sul quale è basato il calendario gregoriano. Per questo motivo molte culture facevano partire i loro calendari dal primo giorno in cui una particolare stella (per esempio Sirio) poteva essere vista a est all’alba.

CALENDARIO ROMANO DI ROMOLO

Il calendario romano cambiò forma diverse volte fra la fondazione di Roma e la caduta dell’Impero romano. In origine era un calendario lunare diviso in 10 mesi con inizio alla luna piena di marzo (il 15), istituito (secondo la tradizione) da Romolo (sembra basandosi sul calendario lunare greco). I mesi (in realtà non lunari in quanto la durata media del mese avrebbe dovuto essere di 29,5 giorni) erano:

Martius (31)
Aprilis (30)
Maius (31)
Iunius (30)
Quintilis (31)
Sextilis (30)
September (30)
October (31)
November (30)
December (30)

In totale, quindi, il calendario durava 304 giorni e c’erano circa 61 giorni di inverno che non venivano assegnati ad alcun mese: in pratica, dopo dicembre, si smetteva di contare i giorni per riprendere nuovamente il conteggio al marzo successivo.

GIORNI

Calenda (da cui deriva la parola calendario): individuava il primo giorno di ogni mese.
None e Idi (mobili a seconda della durata del mese): in marzo, maggio, quintile e ottobre, le none cadevano il settimo e le idi il quindicesimo giorno mentre negli altri mesi esse cadevano il quinto ed il tredicesimo giorno. Questo sistema era in origine basato sulle fasi lunari: le calende erano il giorno della luna nuova, le none erano il giorno del primo quarto (mezza luna), le idi il giorno della luna piena.
I Romani non contavano i giorni a partire dall’inizio del mese (primo, secondo, terzo, …, giorno dall’inizio del mese), ma contavano i giorni mancanti alle calende, none o idi, a seconda di quali di esse fossero più prossime. Essi, inoltre, contavano tutto incluso (cioè comprendevano nel conteggio anche i giorni di partenza e di arrivo): così, ad esempio, il 3 settembre era considerato il terzo, e non il secondo, giorno prima delle none, quando queste cadevano il 5.

ORE

Per i Romani il giorno iniziava al levare del sole: l’intervallo di tempo compreso tra l’alba e il tramonto veniva diviso in 12 ore (horae). In altri termini, il periodo di luce della giornata veniva diviso in 12 ore, indipendentemente dal fatto che ci si trovasse in estate o inverno. Questo comportava che la durata delle ore era variabile: all’equinozio un’ora “romana” durava quanto un’ora attuale, mentre al solstizio d’inverno essa era più corta e in quello d’estate più lunga. L’hora prima era la prima ora dell’alba, l’hora duodecima era l’ultima ora di luce al tramonto, mentre il punto mediano identificava l’hora sexta o meridies (mezzogiorno). Nella vita militare la notte era divisa in 4 vigiliae (prima vigilia, secunda vigilia, tertia vigilia e quarta vigilia) o turni di guardia, ciascuna di 3 ore in media. Nella vita civile si usavano dei termini più generici per indicare le varie parti della notte.

Da mezzanotte alle 3 – tertia vigilia
Dalle 3 alle 6 – quarta vigilia
Dalle 6 alle 7 – hora prima
Dalle 7 alle 8 – hora secunda
Dalle 8 alle 9 – hora tertia
Dalle 9 alle 10 – hora quarta
Dalle 10 alle 11 – hora quinta
Dalle 11 alle 12 – hora sexta
Dalle 12 alle 13 – hora septima
Dalle 13 alle 14 – hora octava
Dalle 14 alle 15 – hora nona
Dalle 15 alle 16 – hora decima
Dalle 16 alle 17 – hora undecima
Dalle 17 alle 18 – hora duodecima
Dalle 18 alle 21 – prima vigilia
Dalle 21 a mezzanotte – secunda vigilia

CICLO NUNDIALE (SETTIMANA DI 8 GIORNI)

I Romani, così come gli Etruschi, adottavano una settimana di otto giorni, i quali erano contrassegnati dalle lettere dalla A alla H: tale settimana veniva chiamata ciclo nundinale ed era cadenzata dai giorni di mercato, le cosiddette nùndine (dal lat. nundinae, composto da novem/nove e dies/giorno), da cui l’aggettivo nundinale per scandire la periodicità settimanale di nove giorni (dovuta al conteggio tutto incluso dei Romani laddove oggi diremmo periodicità di otto giorni). Poiché la durata dell’anno non era un multiplo di 8 e tenendo conto che esso iniziava sempre con la lettera “A”, si aveva che la lettera per il giorno di mercato (nota come lettera nundinale), pur rimanendo costante durante tutto l’anno, non era la stessa al passare degli anni. Se, ad esempio, la lettera per i giorni di mercato (il giorno di mercato era quello nel quale la gente di campagna andava in città per vendere i suoi prodotti e la gente di città acquistava i viveri necessari per tirare avanti otto giorni, fino alle successive nundine) di un dato anno era stata la “H” e l’anno era di 355 giorni, la lettera nundinale per l’anno successivo diventava la “C”.
Giorno di mercato: l’importanza del giorno di mercato era tale che fu approvata una legge nel 287 a.C. (la Lex Hortensia) che vietava i comizi e le elezioni in quel giorno, anche se consentiva lo svolgimento delle cause. Agli inizi del periodo repubblicano nacque la superstizione che portasse sfortuna cominciare l’anno con un giorno di mercato: il pontefice massimo, a cui spettava la gestione del calendario, adottava le opportune misure per evitare che ciò accadesse.

CALENDARIO ROMANO DI NUMA POMPILIO

Numa Pompilio modificò il calendario nel 713 a.C., aggiungendo i mesi di gennaio e febbraio ai dieci preesistenti: complessivamente, egli aggiunse 51 giorni ai 304 del calendario di Romolo, togliendo un giorno da ciascuno dei mesi che ne avevano 30 (facendoli così diventare dispari) e portando a 57 giorni il totale di quelli che i mesi di gennaio e febbraio dovevano spartirsi. A gennaio vennero assegnati 29 giorni e a febbraio 28: poiché i numeri pari erano ritenuti sfortunati, febbraio fu considerato adatto come mese di purificazione. Degli undici mesi con un numero dispari di giorni, quattro ne avevano 31 e sette ne avevano 29.

Ianuarius – dedicato al dio Ianus/Giano dio bifronte, che segnava simbolicamente il passaggio dall’anno precedente a quello successivo. Ianua in latino significa “porta”, altro riferimento al cambiamento dell’anno (29)
Februarius – deriva dalla parola sabina februa che significa “purificazione”, in questo mese si praticava la purificazione dei campi prima che venissero coltivati (28)
Martius – dedicato al dio Mars/Marte (31)
Aprilis – dedicato alla dea Venus/Apru in etrusco/Venere (29)
Maius – dedicato a Maia, dea della fertilità, in questo mese si praticava un rituale mirato alla fertilità dei campi (31)
Iunius – dedicato alla dea Iunio/Giunone (29)
Quintilis, poi Iulius – quinto mese, dedicato a Giulio Cesare (31)
Sextilis, poi Augustus, dedicato all’imperatore Augusto (29)
September (29)
October (31)
November (29)
December (29)

Febbraio fu diviso in due parti, ciascuna con un numero dispari di giorni: la prima parte finiva il giorno 23 con la Terminalia, considerata la fine dell’anno religioso, mentre i restanti cinque giorni formavano la seconda parte.
Al fine di mantenere l’anno del calendario allineato all’anno solare, venne aggiunto di tanto in tanto un mese intercalare, il mercedonio (Mensis Intercalaris, anche noto come Mercedonius o Mercedinus), tra la prima e la seconda parte di febbraio. Di fatto, il mercedonio finiva con l’assorbire i cinque giorni della seconda parte di febbraio: in questo modo, non si verificavano cambiamenti nelle date e nelle festività. L’anno intercalare, con l’aggiunta del mercedonio, risultava di 377 o 378 giorni, a seconda che esso iniziasse il giorno dopo o due giorni dopo la Terminalia. Il mercedonio aveva 27 giorni: le none cadevano il quinto giorno e le idi il tredicesimo giorno. La decisione di inserire il mese intercalare spettava al pontefice massimo e in genere veniva inserito ad anni alterni.

CALENDARIO GIULIANO

Il calendario giuliano è un calendario solare (cioè basato sul ciclo delle stagioni). Fu elaborato nel 46 a.C. dall’astronomo greco Sosigene di Alessandria e promulgato da Giulio Cesare. Esso fu da allora il calendario ufficiale di Roma e dei suoi domini; successivamente il suo uso si estese a tutti i Paesi d’Europa e d’America, man mano che venivano cristianizzati. Nel 1582 è stato sostituito dal calendario gregoriano per decreto di papa Gregorio XIII; diverse nazioni tuttavia hanno continuato ad utilizzare il calendario giuliano, adeguandosi poi in tempi diversi tra il XVIII e il XX secolo.

MODIFICHE

Venne eliminato il mese di mercedonio: si portò la durata dell’anno a 365 giorni.
Venne introdotto l’anno bisestile (per compensare il fatto che la durata dell’anno tropico (o anno solare) non è data da un numero intero di giorni): negli anni bisestili (con febbraio di 30 giorni), il giorno 24, che era “sexto die”, sarebbe diventato “septimo die”. Ma dato che “septimo die” era il giorno 23, non potendo chiamare il 24 “septimo die” lo chiamarono “bis sexto die”. Di qui il nome di “anno bisestile”. Sosigene stabilì che un anno ogni quattro fosse bisestile: in questo modo la durata media dell’anno giuliano risultava di 365 giorni e un quarto. La differenza con l’anno tropico risulta così di soli 11 minuti e 14 secondi circa, una precisione molto accurata per l’epoca. Questa differenza, pari a circa un centesimo di giorno, si accumulava però col passare dei secoli, per cui la data d’inizio delle stagioni si spostava man mano all’indietro (si perdeva un giorno ogni 128 anni circa). Questo fenomeno era ben noto agli astronomi medievali; Dante vi accenna nella Divina Commedia:

« Ma prima che gennaio tutto si sverni
per la centesima ch’è là giù negletta »

(Paradiso XXVII, 142-143)

le riforme al calendario giuliano furono completate sotto il suo successore Augusto: Quintilis fu ribattezzato Iulius nel 44 a.C. in onore a Giulio Cesare e Sextilis fu ribattezzato Augustus nell’8 a.C. in onore allo stesso Augusto (tolse un giorno a febbraio dandolo appunto ad agosto, squilibrando così la sequenza alternata di mesi con 30 e 31 giorni). Impose definitivamente la cesarea determinazione delle annualità bisestili (il primo anno bisestile fu il 45 a.C., anno in cui il nuovo calendario entrò in vigore).

SETTIMANA

Il ciclo nundinale venne successivamente sostituito dalla settimana di sette giorni (il vecchio sistema di lettere nundinali viene comunque utilizzato ancora oggi, riadattato per la settimana di sette giorni). Per qualche tempo la settimana e il ciclo nundinale coesistettero, ma quando la settimana fu ufficialmente istituita da Constantino I nel 321 d.C., il ciclo nundinale era già caduto in disuso. Costantino sostituì la dies solis (giorno del sole) con la dies dominica (giorno del Signore), effettuando un compromesso tra mondo pagano e mondo cristiano. Infatti, la durata di sette giorni corrispondeva alle attese dei cristiani, che ottenevano l’ufficializzazione della settimana ebraica, mentre ai giorni venivano dati i nomi degli dei pagani. I cristiani affiancarono le proprie denominazioni ad alcune denominazioni ufficiali dei giorni, in particolare per il sabato e la domenica.

Italiano Latino (pagani) Latino (cristiani)
Domenica Solis dies Dies dominica
Lunedì Lunae dies Feria secunda
Martedì Martis dies Feria tertia
Mercoledì Mercurii dies Feria quarta
Giovedì Iovis dies Feria quinta
Venerdì Veneris dies Feria sexta
Sabato Saturni dies Sabbatum

« I giorni erano chiamati secondo gli dei con i nomi dei quali i Romani intitolavano le stelle. Il primo dei giorni fu dedicato al Sole, che era il principe di tutte le stelle ed era il giorno di tutti gli dei. Il secondo giorno fu intitolato alla Luna, che riceve la luce dal sole. Il terzo alla stella Marte, che è chiamata Vespro (perché compare per prima di sera). Il quarto alla stella Mercurio. Il quinto alla stella Giove. Il sesto alla stella Venere, che chiamano Lucifero, che ha la maggiore luce tra tutte le stelle. Il settimo alla stella Saturno, che si dice impieghi trent’anni nel suo percorso celeste. Tra gli Ebrei tuttavia il primo giorno è detto il giorno del Sabato, che da noi è il giorno del Signore, e che i pagani dedicavano al Sole. Il Sabato comunque è il settimo giorno da quello del Signore, che i pagani dedicavano a Saturno» (Isidoro di Siviglia, Origine 5.30)

CALENDARIO GROGORIANO

Il calendario gregoriano è il calendario ufficiale della maggior parte dei paesi del mondo. Esso prende il nome da papa Gregorio XIII, che lo introdusse nel 1582, con la bolla papale Inter gravissimas promulgata dalla sua residenza di Villa Mondragone (presso Monte Porzio Catone). È una modificazione del calendario giuliano, che era in vigore in precedenza, in accordo con la proposta formulata da Luigi Lilio. Si tratta di un calendario solare, cioè basato sul ciclo delle stagioni. L’anno si compone di 12 mesi di durate diverse (da 28 a 31 giorni), per un totale di 365 o 366 giorni.

gennaio (31 giorni)
febbraio (28 giorni, 29 negli anni bisestili)
marzo (31 giorni)
aprile (30 giorni)
maggio (31 giorni)
giugno (30 giorni)
luglio (31 giorni)
agosto (31 giorni)
settembre (30 giorni)
ottobre (31 giorni)
novembre (30 giorni)
dicembre (31 giorni)

Non sono in alternanza 30 e 31 perchè l’imperatore Augusto per allineare agosto (a lui dedicato) con luglio (dedicato a Giulio Cesare) tolse giorni a febbraio e invertì i 4 mesi finali per non avere 3 mesi di fila con 31 giorni.

Il calendario gregoriano entrò subito in vigore il 15 ottobre 1582 (5 ottobre secondo il calendario giuliano) in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Polonia – Lituania e Belgio – Olanda – Lussemburgo, e negli altri paesi cattolici in date diverse nell’arco dei cinque anni successivi (Austria a fine 1583, Boemia e Moravia e cantoni cattolici della Svizzera a inizio 1584, …). Gli altri paesi si uniformarono in epoche successive: gli stati luterani, calvinisti e anglicani durante il XVIII secolo, quelli ortodossi ancora più tardi. Le Chiese ortodosse russa, serba e di Gerusalemme continuano a tutt’oggi a seguire il calendario giuliano: da ciò nasce l’attuale differenza di 13 giorni tra le festività religiose “fisse” ortodosse e quelle delle altre confessioni cristiane.

MODIFICHE

Secondo il calendario giuliano, sono bisestili gli anni la cui numerazione è multipla di 4: l’anno giuliano medio dura quindi 365 giorni e 6 ore (la media di tre anni di 365 giorni e uno di 366). Questa durata non corrisponde esattamente a quella dell’anno solare medio, che si ricava dalle osservazioni astronomiche: quest’ultimo infatti è più corto di 11 minuti e 14 secondi. Di conseguenza, il calendario giuliano accumula un giorno di ritardo ogni circa 128 anni rispetto al trascorrere delle stagioni.
Dal 325, anno in cui il Concilio di Nicea stabilì la regola per il calcolo della Pasqua, nel 1582 si era ormai accumulata una differenza di circa 10 giorni. Questo significava, ad esempio, che la primavera, in base alle osservazioni astronomiche, non risultava più iniziare il 21 marzo, ma l’11 marzo. Così la Pasqua, che sarebbe dovuta cadere la prima domenica dopo il plenilunio di primavera, veniva spesso a cadere nella data sbagliata.
Vennero dunque recuperati i giorni perduti (per riallineare la data d’inizio delle stagioni con quella che si aveva nel 325): per recuperare i dieci giorni perduti, si stabilì che il giorno successivo al 4 ottobre 1582 fosse il 15 ottobre; inoltre, per evitare interruzioni nella settimana, si convenne che il 15 ottobre fosse un venerdì, dal momento che il giorno precedente, il 4, era stato un giovedì (anche i paesi che adottarono il calendario gregoriano successivamente dovettero stabilire un analogo “salto di giorni” per riallinearsi).
Venne cambiata la regola che decide gli anni bisestili (per modificare la durata media dell’anno): secondo la nuova regola, gli anni la cui numerazione è multipla di 100 sono bisestili soltanto se essa è anche multipla di 400: vale a dire, sono bisestili gli anni 1600, 2000, 2400… mentre non lo sono gli anni 1700, 1800, 1900, 2100, 2200, 2300… Tutti gli altri anni la cui numerazione è multipla di 4 rimangono bisestili (per i secoli precedenti resta valido il calendario giuliano quindi gli anni 1500, 1400, 1300… sono tutti bisestili).
In questo modo ci sono 97 anni bisestili ogni 400 anni, invece che 100. L’anno gregoriano medio è quindi di 3/400 di giorno, cioè 10 minuti e 48 secondi, più corto di quello giuliano: la differenza dall’anno solare è di soli 26 secondi (in eccesso, equivale a circa un giorno ogni 3.323 anni).
Inoltre, in 400 anni gregoriani ci sono esattamente 365 · 303 + 366 · 97 = 146097 giorni. Poiché 146097 è divisibile per 7, anche i giorni della settimana si ripetono uguali dopo 400 anni. Questo vuol dire che i calendari sono esattamente uguali: il calendario del 2000 è uguale a quello del 1600 e sarà uguale a quello del 2400, del 2800…